"walk in silence": in memoria di Ian Curtis

"Walk in silence" è la prima strofa di Atmosphere dei Joy Division, uno dei pezzi più dolenti e innovativi prodotto da questo gruppo.

Oggi sono 36 anni da quando Ian Curtis, la figura più rappresentativa di questo gruppo, si tolse la vita lasciando una figlia e la prospettiva di un tour degli USA che avrebbe potuto conclamare il successo dei Joy Division ben al di là della scena indipendente e d'avanguardia.

Ero troppo piccolo nel 1980 per apprezzare i Joy Division e per accorgermi della morte di Curtis. Nell'adolescenza apprezzavo i New Order, gruppo formato dai membri dei Joy Division rimasti, ma trovavo la musica dei Joy Division troppo "oscura" e deprimente.

È quindi solo in età matura che ho cominciato ad apprezzare i Joy Division. Ed è impressionante quanto quella musica sia ancora attuale: per esempio, Transmission fonde una linea di basso molto marcata e riff di chitarra con un sottofondo elettronico continuo, dando al pezzo una qualità quasi incorporea e astratta. Molti gruppi contemporanei, non ultimi i Radiohead, sono molto in debito con i Joy Division per aver rivoluzionato la musica del tempo.

La BBC aveva dato qualche tempo fa un documentario molto intenso sui Joy Division. Una delle cose che mi aveva colpito era quanto i sentimenti degli altri componenti della band verso Ian Curtis fossero ancora forti: legati anche da una lunga amicizia a Ian Curtis, gli altri componenti della band esprimevano dolore e, nello stesso tempo, rabbia verso l'atto di suicidio di Ian Curtis.

Ma un'altra cosa che colpisce nel documentario è la capacità di ricostruire un'epoca dove improvvisamente si erano aperti degli spazi per affermarsi per dei giovani che, come i Joy Division, venivano da una zona periferica e da un ambiente deprivato. Alla fine degli anni '70 il Punk e tutto ciò che seguì avevano infatti rivoluzionato le strutture gerarchiche dell'industria discografica, aprendo la porta a molti "emarginati" (outliers).
Come in molte rivoluzioni, una importante componente era l'innovazione tecnologica: stampare dischi e copertine era diventato molto più accessibile, e la nascita delle radio pirata permetteva la diffusione di questa musica.

In un contesto del genere, si era creato lo spazio per un gruppo di giovani che voleva migliorarsi e progredire attraverso la cultura: dal documentario emerge, per esempio, quanto i Joy Division avessero investito nella lettura, sebbene nessuno fosse stato uno studente particolarmente di successo a scuola.

In un contesto del genere, era emerso il genio oscuro e malinconico di Ian Curtis, creatore di un ricco patrimonio d'arte che toccherà e ispirerà ancora tanti.

La bicicletta come congegno della realizzazione del genere umano (cit.)

Passati i 40 anni ho scoperto due passioni: cucinare (non ero negato dopotutto, quanto invece, non mi applicavo) e il ciclismo su strada.

Aver scoperto il ciclismo su strada così tardi mi rammarica, soprattutto considerando che mi è sempre piaciuta la bicicletta: quando frequentavo l'Università a Cagliari ero uno dei pochi studenti in una grossa facoltà che usava la bicicletta per andare e venire, e questo prima ancora che a Cagliari comparissero le piste ciclabili. E -per inciso- usavo una fixie, prima ancora che queste fossero considerate "hipstercool".

Il fatto che abbia scoperto il ciclismo su strada non è però tanto legato alla mia età, ma alla mia residenza. Ho infatti scoperto la passione per il ciclismo su strada in Nord Irlanda, e non è casuale: Mentre Belfast non è esattamente una città ciclabile (troppo traffico e poche piste ciclabili), il Nord Irlanda si presta al ciclismo perchè ha una rete di strade ben curate ma che sono generalmente poco trafficate e tranquille. Aiuta poi il fatto che nelle strade c'è un grosso controllo (tramite autovelox, polizia, ecc.), e quindi gli automobilisti sono in genere educati e rispettosi.

Quello che mi piace del ciclismo su strada è l'aspetto competitivo, ma non nel senso di essere migliori di altri (non sono un ciclista agonistico), quanto nel senso di superare i propri limiti e migliorarsi ogni volta. Mentre in altri sport c'è un aspetto agonistico (nel calcio, necessariamente devi battere un'altra squadra), nel ciclismo e simili, uno può trarre motivazioni interiori per dedicarsi allo sport: per esempio, la motivazione di superare gli inevitabili dolori e terminare un percorso lungo o difficile.

L'altro aspetto che mi piace è la libertà che la bicicletta offre di visitare luoghi e di "immergersi" nel paesaggio. Pedalare in Nord Irlanda offre diversi vantaggi: esistono posti e paesaggi che sono estremamente belli e affascinanti (alcuni di questi fanno da scenario a una serie televisiva come Game of Thrones).

Mi ha interessato vedere come questo senso di libertà e di opportunità fosse uno degli aspetti più affascinanti per i pionieri del ciclismo alla fine dell'800 e nel primo '900. La bicicletta, ben prima dell'automobile e molto più radicalmente del treno, aprì possibilità enormi per molte persone per cui il mondo era stato, fino ad allora, limitato e chiuso. Uno studioso sostiene che grazie alla libertà offerta dalla bicicletta, gli individui avevano maggiori occasioni di incontrare partner al di fuori della propria 'bidda' in un periodo dove una grossa proporzione della popolazione viveva ancora in zone rurali. L'allargarsi del numero di potenziali partner,  avrebbe avuto un impatto notevole sulla varietà del patrimonio genetico delle nuove generazioni. 

Nell'articolo linkato sopra, mi ha anche affascinato scoprire che la passione per la bicicletta fosse condivisa da molte donne, e che quindi la bicicletta fosse uno dei primi strumenti di emancipazione femminile in un periodo dove le donne cominciavano finalmente a reclamare pari diritti in modo assertivo (per es., con la nascita del movimento delle Suffragette).

Infine, a chi si lamenta che le "strade non sono fatte per le biciclette", bisognerebbe ricordare che -in realtà- in molti paesi la qualità della rete stradale migliorò proprio per fare spazio alle biciclette. E non solo, alcune delle innovazioni che hanno portato alle automobili, furono prese in prestito proprio dalle innovazioni per la bicicletta: per esempio, l'uso dei pneumatici (una innovazione creata -tra l'altro- proprio in Nord Irlanda).