Tory hypocrisy: the case of migration

 There are different ways in which the Tories have demonstrated their hypocrisy, but a blatant one is their position on immigration.

The Tories depict themselves as being all for free-market. In may fields they have nailed down the point that it is best to leave things to the market. The "invisible hand" of the market should be trusted to deliver. In name of freeing the market, they have weakened Unions that tried to tie the hand of the free market by protecting workers' rights. The "Market knows best" drove de-regulation and privatisation, with many abysmal results

However, there is a field where leaving the market decide may seem like a sensible policy. And yet, here the Tories have become all for regulation and constraints to the free market. This field is immigration. 

A free-market approach to immigration appears sensible: for one thing, who can decide how many immigrants should be allowed in a country to fill jobs? It is a very difficult and complex issue. Not surprisingly, governments find it challenging to plan who and when should be allowed to move to a country. Since the UK government has "taken back" control over its immigration policy by leaving the EU, the government had to issue emergency "temporary visas" for lorry drivers and again change the rules to allow more care workers to come into the country. 

The point is that the Government finds it nearly impossible to assume the role of planning and estimating the needs of the job market: it would do better to let the market work! Not surprisingly, over the years Tory governments have set targets for net migration that they had consistently missed every time, and eventually decided to scrap altogether! 

The latest figures show a wide increase in net migration (partly the result of people escaping from Ukraine or Hong-Kong). And yet, Tory governments insist these levels of net migration are "too high".  Too high why? The take-home message appears to be that the UK needs these -and probably even more- immigrants!

There may be a sensible argument among all the posturing here: it makes sense to ensure that citizens in a country have the opportunities to build careers in different sectors, including health care and medical or allied disciplines. But to insure this, a Government must provide funding and resources. What have the Tories done? They have consistently and recklessly cut funding, resulting in lost education opportunities, inequalities, and what increasingly appears like a lost long decade. And just wait for the austerity-in-all-but-name delivered in the Autumn Statement by Hunt!

So, the Tories' contradictions on this issue just show how opportunistic, ineffective, and hypocritical is Tories' belief in the free-market!



Una nuova storia dell'umanita'

Ho finalmente finito di leggere "The Dawn of Everything" di David Graeber & David Wengrow ...Il libro, tradotto in Italiano come "L'alba di tutto" mi era stato consigliato da Omar Onnis, che ne fa una recensione qui.

Trovo pero' che la recensione di Omar sia riduttiva. In particolare, Omar si concentra sugli aspetti del metodo usato nel libro, ignorando i contenuti che il metodo mette in luce. 

E i contenuti illustrati dal libro sono molto illuminanti. Del resto, il sottotitolo del libro sottolinea l'ambizione di scrivere una nuova storia dell’umanità!

Un'importante conclusione del libro e' che se attualmente e' difficile immaginare un diverso tipo di società, una delle ragioni principali e' la mescolanza e -spesso- confusione tra il concetto di prendersi cura e quello di dominio. 

Questa confusione e' particolarmente evidente nel diritto romano, il quale e' poi alla base del diritto di molte società' occidentali. Nel diritto romano il "pater familias" si prende cura degli altri membri della famiglia, ma nel farlo, esercita il suo dominio e potere sopra di loro. Questo significa che il "pater familias" nega agli altri membri della famiglia liberta' fondamentali come la liberta' di disobbedire a un ordine; la liberta' di lasciare quell'organizzazione sociale; e in ultimo la liberta' di pensare e organizzare la società in modo diverso. 

 Tuttavia il libro dimostra che questa mistione del "prendersi cura" e dominio non e' ne' necessaria ne' universale. Per esempio, in molte tribu' tra i nativi americani, l'esercizio del potere era unicamente riservato verso l'esterno, verso altre tribu'. All'interno della tribu' nessuno aveva il potere di esigere obbedienza, e i membri della tribu' erano liberi di lasciare la tribu' per aggregarsi ad altre tribu', o di provare a creare forme di aggregazione diverse. 

Nel mondo "occidentale" (diciamo cosi') invece questa mistione dei due concetti e' continuata nei secoli: gli autori del libro citano James I d'Inghilterra e VI di Scozia, il quale si paragonava a un padre di famiglia, con la responsabilità di punire -anche violentemente- i suoi sudditi se deviavano dal seguire la strada che lui, da buon padre, gli indicava. Ma questo "paternalismo" e' evidente in molti altre forme di organizzazione politiche nel mondo "occidentale". 

Per esempio, una delle caratteristiche che mi ha sempre colpito dei regimi totalitari  (pensiamo al Nazismo e allo Stalinismo) e' che questi regimi si sforzavano di mostrarsi benevolenti e solerti verso i cittadini  (almeno quelli considerati meritevoli), ma il volto benevolo del regime era sempre accompagnato dalla minaccia della violenza appena un cittadino deviava. Avevo sempre pensato che questa "doppiezza" fosse una caratteristica del totalitarismo, ma ora mi rendo conto che e' solo una versione estrema del problema di confondere il prendersi cura con il dominio.  

Questa mistione tra prendersi cura e dominio e' anche la radice della sottomissione di categorie considerate deboli. Per esempio, le donne in molte società "occidentali" sono  sottomesse perche' il patriarcato pretende di prendersi cura di loro. 

Il libro chiude comunque con una nota ottimista. Infatti dimostra che la storia dell’umanità non e' tutta caratterizzata dal paternalismo del potere. Il libro fa una critica anarchica verso il concetto di stato (soprattutto come realizzatosi nel 1800) e al marxismo, sia come visione della storia (riduttivamente pensata come storia della lotta di classe), sia come pratica politica tesa all'esercizio del dominio di una classe (quella proletaria) sopra altre. 

Ma il libro dimostra che in lunghi periodi della storia umana sono esistite società complesse che non erano organizzate in modo gerarchico e che mantenevano liberta' fondamentali per chi ne faceva parte. Per esempio, una delle prime citta' dell'umanita',  Çatalhöyük, crebbe e prospero' ma non esistono prove che esistessero gerarchie: tutte le case erano di simili in grandezza e struttura, e non esistono piazze, palazzi, o altri luoghi che fanno pensare a una gestione gerarchica del potere. Inoltre, esiste evidenza che in questa prima forma di societa' cittadina complessa, le donne avessero un ruolo quantomeno paritario nella societa'.

 E un'altro dei messaggi importanti del libro e'  che benche' quando si parli di societa' complesse molti diano per scontato che queste si debbano necessariamente organizzare gerarchicamente e in modo da esercitrare il potere e il dominio, sono esistiti, e potrebbero esistere di nuovo, modi di organizzare societa' complesse che non ricorrano a gerarchie e al dominio (e -inevitabilmente- la violenza) e gestioni carismatiche. Del resto, gli autori dimostrano efficacemente che mentre molta teoria considera il punto di arrivo della storia la formazione degli Stati, gli stati stanno gia' perdendo il predominio che avevano un secolo fa. 

Insomma, questo libro e' una fonte preziosa di fatti per rivedere idee sulla societa' e la storia, ed e' scritto in modo accessibile e chiaro. Sulla scia di questo libro, consiglio anche l'ascolto di questo podcast.