Detesto i Clash (Apologia del Post-Punk)

Nel 1979 uscirono due album importanti:
London Calling dei Clash
Metal Box dei Public Image Ltd. guidati da John Lydon (ex Johnny Rotten dei Sex Pistols).

Il Punk era morto. Questi due album rappresentavano due modi diversi e opposti di intendere l'eredità del Punk.

Per i Clash il Punk era stato lo stimolo per un ritorno a "su connottu" (back to basics come dicevano loro): il rock (o punk-rock) inteso come musica per le masse, con tutte le caratteristiche annesse, ovvero un ritorno a forme e strutture semplici e immediatamente riconoscibili. A questo ritorno alle origini, si sposava un'immagine anti-sistema, testi vagamente impegnati, atteggiamenti "machisti", e un prendere terribilmente sul serio il proprio ruolo e la propria (ipotetica) importanza.

Dubito che questi atteggiamenti anti-sistema fossero davvero sinceri: in canzoni come "Complete Control" i Clash stigmatizzavano l'influenza delle case discografiche e dei loro modelli di business, ma -ah, l'ironia- lo facevano mentre producevano dischi per una grande casa discografica. E fa sorridere pensare a un gruppo che non esitava a corteggiare il pubblico e i media americani, ma cantava "I'm so bored with the USA".

Quando ero più giovane avevo ascoltato London Calling a ripetizione. Tutt'ora apprezzo canzoni  come "Spanish Bombs" e "Lost in the Supermarket".Ma quello che mi colpisce ora, riascoltando quest'album è quanto fosse musicalmente conservatore. A parte qualche felice episodio, il resto dell'album non faceva che tornare su vecchi schemi rock, triti e ritriti, appena appena "riammodernati" usando uno stile Punk. Canzoni come "Rudie can't fail" o "Wrong'em Boyo" suonano atroci a distanza di anni.

I Public Image Ltd. avevano un progetto completamente diverso. In particolare con il loro album Metal Box, i PIL volevano distruggere il rock. E lo facevano producendo una musica spigolosa, che usava certi elementi stilistici (per esempio linee di basso ispirate alla musica giamaicana) per riproporli in modo de-strutturato e shoccante. Era una musica senza compromessi, che non voleva essere piacevole, ma agitare e stordire. Un ottimo esempio è l'incredibile 'Chant', una "canzone" ispirata alla violenza negli stadi, e che rappresenta un'esperienza stordente e potente. Un altro ottimo esempio è 'Poptones': una canzone in cui John Lydon si immedesima nella vittima di uno stupro per descrivere in poche, lancinanti frasi una condizione di straniamento.

Metal Box sembrava l'equivalente della pittura espressionista, un'arte per provocare  e shoccare, mentre London Calling sembrava un quadro del realismo sovietico: un ritorno alla tradizione con l'intento di educare (e, in ultima analisi, manipolare) le masse.

I PIL rappresentavano del resto il meglio dello spirito del punk. Il punk non era stato tanto un movimento musicale, quanto un movimento concettuale. La musica punk, in se' e per se', non era stata cosi' innovativa: in molti casi si trattava di un ritorno al Rock n' Roll. Ma concettualmente, il punk aveva:
 (a) creato uno spirito iconoclasta e anarchico che ridicolizzava ogni pretesa autorità artistica e politica. Dopo il punk, per anni gli atteggiamenti messianici di certi 'giganti' dell'Olimpo del Rock (per es. Rod Stewart) erano diventati improponibili.
(b) introdotto un'etica del 'fai-da-te', un'etica di autonomia e indipendenza artistica in ogni aspetto della produzione culturale. Grazie anche ai progressi tecnologici (produrre dischi era diventato relativamente economico e facile), le band potevano produrre e distribuire i propri dischi, in questo modo mantenendo pieno controllo sul prodotto finale.

L'etica dell'autonomia aveva perciò aperto il campo a ogni tipo di musica e sperimentazione: a prescindere dalla bravura tecnica, e dal giudizio di critici e manager, chiunque avesse un'idea poteva produrla, trovando un pubblico e un mercato pronto ad ascoltare.

E infatti il periodo post-punk e' stato probabilmente uno dei periodi musicali migliori (molto meglio dei tanto decantati anni '60). Nel periodo post-punk ci fu un'esplosione di band e artisti che sperimentarono e crearono nuovi generi. Per citarne solo alcuni, dopo il '77 (l'anno del Punk), nacquero generi come il Gothic rock, il pop-elettronico, la re-invenzione dello Ska, e cosi' via. Simon Reynolds ha scritto un ottimo libro su questo periodo.

Infine, nello spirito iconoclasta e  anarchico del Punk, i gruppi post-punk avevano portato avanti una riflessione critica sui rapporti tra musica, arte, potere, capitalismo, e società, che era molto sofisticata e interessante. Per fare un esempio, i PIL avevano prodotto i vinili che comprendevano "Metal Box" in una scatola metallica: prendere i vinili dalla sua confezione metallica, inevitabilmente graffiava e rovinava il vinile. Non c'era atto più radicale di questo.

Per chi fosse interessato, ecco una playlist dei miei gruppi post-punk preferiti






Sfasciamo lo stato!

L'idea che abbiamo dello stato  è che dovrebbe dare assistenza e servizi ai cittadini. Diversi episodi negli ultimi tempi hanno dimostrato che anche stati ricchi nel mondo sono sempre meno capaci di svolgere questa funzione.
Per esempio, dopo il tragico incendio di Grenfell Tower a Londra, lo stato britannico e l'amministrazione comunale erano completamente assenti e incapaci di dare rifugio, pasti caldi, e supporto alle persone sfuggite alla catastrofe. Tutte queste cose erano state invece fatte da volontari e organizzazioni caritatevoli. A Austin, Texas, durante la recente alluvione i primi soccorsi non erano venuti dallo Stato o dall'Esercito, ma da cittadini che mettevano a disposizione i mezzi che avevano e cercavano di aiutare i propri vicini.

Sebbene non si possa generalizzare da questi episodi, e' pero' importante ricordare che al successo di una nazione o uno stato contribuisce il fatto di avere una sana società civile. Associazioni e organizzazioni di cittadini sono fondamentali. E lo sono perché possono riconoscere problemi e bisogni nel territorio, e coordinarsi per risolverli in modo immediato, pratico, e rispondente alle necessita' dei cittadini stessi. Parafrasando Alexis de Tocqueville, il modo più pratico per cambiare qualcosa non e' che i cittadini cerchino l'intervento del governo, ma,spesso, e' associarsi e coordinarsi per risolvere  il problema.

Come cittadini, ci aspettiamo anche che lo Stato difenda i diritti dei cittadini stessi e promuova il loro benessere collettivo. Altri esempi mostrano che purtroppo stati democratici possono tradire queste aspettative e, invece, favorire gli interessi di gruppi di persone o elites che cercano di ricavare una rendita da una posizione di privilegio.
Un esempio fatto da un economista qui,  mostra che gli Stati Uniti spendono circa il 18% del Prodotto Interno Lordo (PIL) nelle cure sanitarie: tuttavia, il servizio sanitario degli Stati Uniti ha prestazioni molto peggiori rispetto ad altri paesi dall'economia evoluta che spendono molto meno: per esempio, Francia e Germania spendono solo il 12% del PIL,ma l'aspettativa di vita e' molto più alta, come mostra il grafico qua sotto (estratto da gapminder: la grandezza dei cerchi rappresenta la percentuale di PIL speso per la sanità). 


Il problema negli Stati Uniti e' che lo Stato difende gli interessi di gruppi che vogliono trarre profitto dalla loro posizione di privilegio. I gruppi di case farmaceutiche riescono a usare il loro potere di lobbying per influenzare decisioni favorevoli ai propri interessi. Questo non e' solo nocivo per gli interessi dei cittadini, che ricevono un sistema sanitario inefficiente. Alla lunga, questo sistema e' anche negativo perché riduce le possibilità di innovazione: le case farmaceutiche che hanno un monopolio sul mercato, hanno meno incentivi nell'innovare e creare nuovi prodotti; nello stesso tempo, un monopolio mantenuto con la connivenza dello stato, preclude ad altri soggetti di piazzare prodotti innovativi sul mercato. Alla fine, il risultato e' inefficienza, stagnazione tecnologica, e -inevitabilmente- stagnazione economica

Ci aspettiamo che lo stato fornisca il terreno per dare opportunità a tutti i cittadini per contribuire, con il loro talento, inclinazioni, e ingegno, al bene collettivo. L'esempio del sistema sanitario negli USA dimostra che uno stato forte può invece favorire gli interessi di elites, che hanno tutto l'interesse a mantenere la propria posizione di rendita e di vantaggio, a danno di chi invece cerca di creare ricchezza.  
Per questi motivi, non penso che uno stato sardo forte, centralizzato, e nelle mani di una elite, possa essere una garanzia di prosperità o benessere per la Sardegna. Il problema della Sardegna, e la radice della sua stagnazione, non e' solo nell'essere subalterni allo stato italiano, ma sta nel fatto che non esistono in Sardegna istituzioni politiche ed economiche inclusive, ovvero che siano aperte all'iniziativa di tutti i cittadini che hanno il talento, l'ingegno, e l'iniziativa. Basta pensare, per esempio, come la burocrazia, la quale avrebbe -in teoria- il compito di garantire trasparenza, in Sardegna (come in Italia) sia diventata solo un mezzo per estrarre rendita da ogni iniziativa economica dei cittadini. 

L'alternativa può essere uno stato che dia i mezzi ai cittadini di organizzare le proprie istituzioni per rispondere alle necessita' ed esigenze della comunità. Esistono diversi esempi di cittadini che si sono organizzati con successo per creare istituzioni pluraliste. Durante la Guerra Civile Spagnola, per esempio, la Catalogna era stata governata con successo seguendo principi anarchici di organizzazione collettiva, prima che questo esperimento fosse represso violentemente dal fronte comunista. O, per esempio, quando nella Repubblica d'Irlanda le banche chiusero per 6 mesi per sciopero, i cittadini riuscirono ad organizzare un sistema alternativo di valuta

Come ricordano i Laibach, lo Stato, con il suo 'monopolio sulla violenza legittima', non e' sempre garanzia di benessere, prosperità, e opportunità, che sia italiano, o sardo.