"La Cina e' vicina" era un film di Marco Bellocchio: il titolo giocava con le simpatie Maoiste della sinistra radicale degli anni '70 in Italia.
Oggi tuttavia la Cina e il suo modello di "Capitalismo Leninista" e' una presenza molto più ingombrante di quanto ci rendiamo conto.
A parte la presenza del "Made in China" nella nostra vita quotidiana, la ricchezza prodotta dalla manifattura cinese sta producendo conseguenze molto piu' inquietanti per la nostra democrazia.
La Cina non e' infatti solo un paese produttore, ma ormai un enorme paese di avidi consumatori che le grandi imprese occidentali vogliono "conquistare". Ma in questa corsa per il mercato cinese, le imprese occidentali si trovano spesso in situazioni dove non hanno esitazioni nel seguire la linea dettata dalla dittatura del Partito Comunista Cinese.
In molti casi, le imprese occidentali sono state molto solerti nel prostrarsi e umiliarsi, come nel caso della Mercedes che, colpevole di aver usato una generica frase del Dalai Lama in una pubblicita', si e' poi cosparsa il capo di cenere per aver "causato offesa e dolore al Popolo Cinese."
Una recente controversia negli Stati Uniti, ha evidenziato ulteriormente il pericolo che non solo la produzione industriale, ma anche quella culturale sia sempre più condizionata dai diktat del Partito Comunista Cinese. Il cartone South Park ha descritto questo rischio perfettamente in un recente episodio quando Stan dice qualcosa come: "di questo passo tutta la musica che verrà prodotta sarà vaniglia e dozzinale." Il rischio che l'auto-censura nella produzione culturale diventi sempre più repressiva per evitare di offendere il Partito Comunista Cinese e' sempre più reale.
Lo scenario e' ancora più inquietante quando anche le istituzioni che dovrebbero essere i bastioni della libertà di espressione, le istituzioni universitarie, si dimostrano pronte a compromettere la loro stessa ragion d'essere. Per esempio, la prestigiosa Cambridge University Press, aveva solertemente ritirato un numero impressionante di pubblicazioni accademiche per compiacere una richiesta del Partito Comunista Cinese. La polemica suscitata ha poi convinto Cambridge University Press a ripubblicare gli articoli ritirati, ma la vicenda dimostra molto bene i rischi per la libertà di espressione su cui le democrazie occidentali e molte delle sue istituzioni si basano.
In questo scenario, la continua espansione di interessi economici cinesi, in Medio-Oriente, Africa, e nella stessa Europa, e' un quadro molto inquietante.
Ed e' inquietante particolarmente per l'assenza dell'Unione Europea da ogni scenario globale nel momento in cui gli Stati Uniti stanno diventando un alleato fondamentalmente inaffidabile, se non a volte apertamente ostile.
In questo scenario vediamo anche tragedie come quella che sta consumando nel Kurdistan siriano: il ritiro delle truppe USA apre la strada ad un attacco turco, mentre il presidente turco minaccia l'UE di essere invasa da milioni di rifugiati se osasse interferire.
L'Unione Europea e' assente diplomaticamente e militarmente, incapace di esprimere una politica univoca nella diplomazia, incapace o ritrosa nell'usare altri strumenti per dare seguito alla diplomazia. In mancanza di una Unione Europea forte, coesa, e potente, il rischio reale e' che la democrazia non verrà solo erosa o minacciata ad Hong Kong, o in Kurdistan, ma sempre più vicino a noi, e rischiamo che quando ce ne accorgeremo, sarà troppo tardi.
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