Pesare le parole: antisemitismo e linguaggio

È triste constatare che in Europa siano in aumento gli atti di antisemitismo, ed è piuttosto deprimente sentire persone che si riconoscono come ebree dire di non sentirsi sicure anche in paesi aperti e liberali come la Gran Bretagna.

In Gran Bretagna quantomeno c'è attenzione a questo problema e al fatto che certi atteggiamenti e certo linguaggio possono alimentare l'antisemitismo. Recentemente, per esempio, i laburisti sono stati chiamati a castigare propri esponenti che hanno espresso opinioni che rivelavano stereotipi e pregiudizi contro gli ebrei.

Purtroppo in Sardegna sembra che questa sensibilità al tema non sia ancora presente, e non lo sia nemmeno nella sinistra che, in teoria, dovrebbe essere più attenta.

In questo articolo del Manifesto Sardo, per esempio, l'autore sostiene che sia accettabile e opportuno definirsi e parlare di "antisionismo".

Il problema, come sostiene quest'altro  articolo, è che usare il termine "anti-sionismo" per dichiarare la propria opposizione alle politiche dello stato di Israele rischia di alimentare l'idea tutta "complottista" di un movimento sionista internazionale, e magari alimentare idee secondo cui gli ebrei manovrerebbero la finanza e la politica internazionale, così alimentando stereotipi che si sperava fossero stati ormai andati in disuso.

Non esiste più un movimento sionista, e sionismo significa cose molto diverse: parlare di anti-sionismo è quindi solo strumentale -che uno ne sia consapevole o meno- ad alimentare pregiudizi, e fa specie che la sinistra che si auto-dichiara progressista non riesca a vedere il pericolo nell'usare un linguaggio non solo inadeguato, ma pericoloso.

È più che necessario per un progressista o un liberale opporsi a certe politiche dello stato di Israele, specie dal momento che questo stato sta, da diversi anni, prendendo una deriva sempre più segregazionista ed espansionista, tra l'altro tradendo molti degli ideali progressisti che avevano caratterizzato la nascita stessa dello stato di Israele.  È però pericoloso e inaccettabile usare un linguaggio che alimenta pregiudizi e può servire a negare lo stesso diritto di esistere dello stato israeliano.

Citando Nanni Moretti, "le parole sono importanti", e pesarle è un dovere di chi vuole fare politica.


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