"it's the economy"

Parlando con altri sardi che simpatizzano con l'idea di una Sardegna indipendente, spesso si finisce a discutere del perché gli indipendentisti non vengano ritenuti credibili.

Uno dei motivi tra gli altri (vedi questo articolo, che condivido) è l'economia: gli indipendentisti non hanno mai presentato una proposta credibile e articolata di come creare prosperità in Sardegna.
A questa osservazione qualcuno ribatte che programmi credibili sono stati anche presentati, con proposte serie sulle bonifiche, il turismo culturale, ecc., ma i sardi non credono a queste proposte perché "colonizzati culturalmente", e quindi scettici sulle loro reali possibilità.

Questa idea del colonialismo culturale non mi ha mai convinto molto, anche perché si presta ad una visione paternalistica in cui ci sarebbero persone "colonizzate" non in grado di capire i loro veri interessi. In genere, parto dall'idea che le persone siano in grado di ragionare da sole e capire i propri interessi.

Il problema è invece -secondo me- che molti cittadini di Sardegna si rendono conto che bonifiche, turismo culturale ecc. sono solo  elementi secondari di una economia. Una economia prospera si fonda su altre premesse.

A sentire diversi economisti, una delle premesse di una economia prospera è la manifattura e l'industria: ovvero la produzione di beni che vendono e che altri paesi comprano. Paesi prosperi come Svizzera, Irlanda, Svezia e Finlandia basano la loro prosperità sull'industria: questi sono tra i paesi più industrializzati al mondo se si considera la produzione pro-capite.

La manifattura e l'industria possono essere la base per una economia prospera perché è possibile produrre più efficientemente grazie a innovazione e progresso tecnologico, e perché l'innovazione dei prodotti permette di continuare ad avere una presenza nel mercato. La Svizzera, per es., si specializza in produzione di macchinari avanzati e prodotti per l'industria chimica.

L'altra considerazione importante, è che anche settori come la finanza e il terziario (servizi ecc.), sono sostenuti da una manifattura prospera. L' "economia della conoscenza", ovvero tecnologie informatiche, design, ecc., sono sostenute in primo luogo dal servire la produzione e la manifattura. Una manifattura solida crea un indotto che favorisce altri settori.
Cosa non secondaria, grazie alla necessità di operai specializzati, la manifattura offre anche la possibilità di mobilità sociale: anche persone che non hanno potuto studiare possono aspirare a salari elevati diventando operai specializzati.

Quindi il problema nel presentare un programma economico credibile per la Sardegna sarebbe quello di individuare e sostenere l'industria e la manifattura sarde. Ovviamente una industria solida ha bisogno di infrastruttura (trasporti, energia) e supporto (conoscenze, specializzazione, ricerca e sviluppo). Queste cose non accadono dall'oggi al domani, ma possono essere aiutate da investimenti esterni.

Piccoli paesi come l'Irlanda e Singapore sono diventati prosperi e industrializzati attraverso politiche attente che hanno attratto investimenti dall'estero e dalle multinazionali. Al contrario di altri paesi, le politiche di paesi come Irlanda e Singapore sono regolate per assicurare che gli investimenti dall'esterno beneficino anche il paese che ospita le multinazionali.

Per esempio, le politiche della Repubblica d'Irlanda hanno permesso di attrarre investimenti in settori chiave come l'elettronica, la produzione farmaceutica, e quella di software. Inoltre, l'Irlanda richiede agli investitori di soddisfare criteri di prestazione: per esempio, gli incentivi offerti dal governo irlandese aumentano a seconda di quanto gli investimenti esterni assicurano la creazione di competenze locali, investono localmente in ricerca e sviluppo, e creano un indotto. Con queste politiche mirate, l'Irlanda è passata dall'essere un paese senza una industria degna di questo nome, ad essere uno dei maggiori produttori industriali in Europa. Nonostante la crisi finanziaria, l'Irlanda ha mantenuto queste politiche industriali mirate ed è riuscita a uscire dalla crisi.

Insomma, i movimenti indipendentisti che si propongono di governare la Sardegna dovrebbero cominciare a trattare questi temi in modo più articolato e concreto. Per farlo dovrebbero uscire dal recinto in cui si sono chiusi dominato da discorsi dominati da temi come "coscienza nazionale", e cominciare a parlare di economia.
Dovrebbero poi imparare dagli attori locali: gli imprenditori, i banchieri, i produttori, ecc., oltre che gli operai. Dovrebbero infine coinvolgere questi attori nella creazione di proposte per una industria che serva alla prosperità dei cittadini di Sardegna. Inutile calare piani industriali pensati a tavolino dalla "classe dirigente" (il fallimento dei Piani di Rinascita dovrebbe servire da lezione): una politica industriale ha bisogno di politiche partecipative e democratiche che diano credito agli attori locali.

L'Irlanda e Singapore sono stati sovrani, al contrario della Sardegna. Ma il compito degli indipendentisti dovrebbe essere quello di usare la limitata autonomia della Sardegna per creare politiche industriali. E se l'autonomia non lo permette, dovrebbero richiedere maggiori poteri mirati ad una politica industriale. Simili politiche economiche giustificano la necessità di maggiore indipendenza e sovranità della Sardegna: solo un governo vicino ai produttori sardi può capire e garantire le loro necessità. Ed ecco che la migliore giustificazione per l'indipendenza della Sardegna è che questa offrirebbe una strada per la prosperità.

No comments:

Post a Comment