Sardi invidiosi, giapponesi pigri e tedeschi ladri


Discutendo della Sardegna capita spesso (troppo spesso) che qualcuno pretenda di chiudere la discussione tirando fuori il “Locos, pocos y mal unidos”.

Con questa frase si vuole dimostrare che esiste un “carattere nazionale” dato per sempre, un carattere che è un destino ineluttabile. Inutile che noi sardi cerchiamo di migliorarci, tutto inutile, perché siamo e saremo sempre “locos, pocos…” e non possiamo sfuggire alla nostra cultura o alla nostra storia.
Un tempo non troppo lontano era di moda dare la colpa alla “razza”, le caratteristiche ereditate geneticamente. Da un riduzionismo genetico oggi si è passato ad un riduzionismo culturale: ci sono culture “inadatte” alla democrazia e a ogni tipo di progresso (vedi la tesi dello “scontro tra civiltà”).

Eppure, uno si potrebbe accorgere che culture che ora vengono ritenute terreno ideale per il progresso economico e sociale erano, non troppo tempo fa’, considerate invece un ostacolo concreto e reale alla democrazia e al progresso sociale ed economico.
Ha-Joon Chang, un economista coreano che insegna a Cambridge, nel libro “Bad Samaritans” intitola un capitolo così: “Giapponesi pigri e tedeschi ladri“. In questo capitolo l’autore dimostra che, prima del loro progresso economico, i giapponesi erano spesso descritti come pigri e incapaci di lealtà (!) e i tedeschi come ladri, non rispettosi delle regole ed eccessivamente emotivi (!). Diversi osservatori stranieri davano la colpa di queste caratteristiche alle specifiche culture di Giappone e Germania: insomma, si diceva che questi paesi erano culturalmente incapaci di progresso sociale ed economico per via della loro cultura.

Diversi economisti affermano invece che certe caratteristiche di una cultura e quello che spesso è definito “carattere nazionale” siano, in parte, il risultato di pratiche economiche e istituzioni che forniscono incentivi a diversi tipi di comportamento.
Se questo è il caso, i cosiddetti “caratteri culturali” possono essere cambiati e migliorati da pratiche virtuose e buone istituzioni (come è capitato in Giappone e Germania nel dopoguerra, per esempio).
Certo che la cultura conta; ma ogni cultura è complessa e sfaccettata: se ci sono elementi che possono giustificare e promuovere pratiche “perverse” (come, per es., l’evasione fiscale), esistono nelle culture elementi che possono essere invece usati per promuovere pratiche virtuose.

In un libro uscito recentemente altri economisti sottolineano l’importanza che buone istituzioni hanno nel determinare il benessere di una nazione: “Istituzioni economiche inclusive [...] sono quelle che permettono e incoraggiano la partecipazione della maggior parte dei cittadini ad attività economiche che mettono a frutto i talenti e le abilità , e che permettono agli individui di fare le scelte che desiderano“.

In contrasto col tanto citato “locos, pocos…” ci sono nella storia della Sardegna tanti esempi di solidarietà tra sardi e di coesione.
Penso, per esempio, alla vicenda dello “sfollamento” durante la II Guerra Mondiale, quando molti sardi condivisero il poco che avevano per aiutare i loro amici e lontani parenti sfollati dalla città colpita dai bombardamenti.
Penso agli esempi di coesione tra diverse categorie sociali sarde durante il triennio della Sarda Rivoluzione.
Non sono gli esempi di solidarietà e di coesione che mancano in Sardegna e nella storia sarda, ma attualmente mancano le buone istituzioni che permettano ai sardi di mettere a frutto il meglio di sé.

No comments:

Post a Comment