Tornare in Sardegna e parlare di
politica significa spesso anche affrontare il tema della leadership, e
questo è tanto più vero quando, come me, si è scelto un partito che ha
rifiutato il “liderismo” non solo a parole, ma nei fatti (come
dimostrato dal fatto che figure che pretendevano di avere un ruolo
egemonico sottratto a ogni critica e verifica, si siano allontanate dal
progetto).
Nelle discussioni che nascono inevitabilmente su questo tema, molti ripetono che, comunque, un leader, o dei leader, servono ad un progetto politico. Il problema è anche come intendere la leadership.
In Italia, e in Sardegna, ché su questo tema ha fatto propri i vizi italiani, il leader nelle organizzazioni politiche è inteso come una figura carismatica e che, in virtù del proprio carisma e di doti eccezionali, ha il diritto di decidere, guidare, fare e disfare a suo piacimento. Il modello del leader italiano è un modello elitario: il leader e la sua cerchia ristretta hanno l’esclusiva e il monopolio delle informazioni, informazioni che passano al resto della organizzazione (gli attivisti, gli iscritti al partito, ecc.) solo al fine di manipolare e accrescere il proprio potere. Dunque, oltre al carisma e alle doti eccezionali, il leader italiano non è criticabile perché è il depositario unico della conoscenza.
Possiamo pensare a casi italiani, a destra come a sinistra. Ma, per chi l’ha vissuta, una simile dinamica si era anche vista in iRS pre-spaccatura, quando un ristretto gruppo deteneva l’esclusiva sulle informazioni importanti riguardo le dinamiche interne, usandole opportunisticamente per i propri scopi egemonici. In questo senso, la leadership di iRS, anche quella -a parole- democratica, funzionava come le agenzie immobiliari: trattenendo informazioni o rivelandole solo parzialmente a seconda dei propri fini era possibile manipolare gli attivisti.
In Gran Bretagna invece il concetto di leadership è molto diverso. Una definizione che mi è piaciuta è quella secondo cui il leader è “colui che si assicura che tutti puntino verso la Stella Polare”.
In questa definizione ci sono diversi elementi importanti:
Nelle discussioni che nascono inevitabilmente su questo tema, molti ripetono che, comunque, un leader, o dei leader, servono ad un progetto politico. Il problema è anche come intendere la leadership.
In Italia, e in Sardegna, ché su questo tema ha fatto propri i vizi italiani, il leader nelle organizzazioni politiche è inteso come una figura carismatica e che, in virtù del proprio carisma e di doti eccezionali, ha il diritto di decidere, guidare, fare e disfare a suo piacimento. Il modello del leader italiano è un modello elitario: il leader e la sua cerchia ristretta hanno l’esclusiva e il monopolio delle informazioni, informazioni che passano al resto della organizzazione (gli attivisti, gli iscritti al partito, ecc.) solo al fine di manipolare e accrescere il proprio potere. Dunque, oltre al carisma e alle doti eccezionali, il leader italiano non è criticabile perché è il depositario unico della conoscenza.
Possiamo pensare a casi italiani, a destra come a sinistra. Ma, per chi l’ha vissuta, una simile dinamica si era anche vista in iRS pre-spaccatura, quando un ristretto gruppo deteneva l’esclusiva sulle informazioni importanti riguardo le dinamiche interne, usandole opportunisticamente per i propri scopi egemonici. In questo senso, la leadership di iRS, anche quella -a parole- democratica, funzionava come le agenzie immobiliari: trattenendo informazioni o rivelandole solo parzialmente a seconda dei propri fini era possibile manipolare gli attivisti.
In Gran Bretagna invece il concetto di leadership è molto diverso. Una definizione che mi è piaciuta è quella secondo cui il leader è “colui che si assicura che tutti puntino verso la Stella Polare”.
In questa definizione ci sono diversi elementi importanti:
- Il leader non ha il monopolio della conoscenza, ma è colui che aiuta gli altri ha ottenere la conoscenza necessaria a raggiungere gli obiettivi. Ovvero, il leader è colui che condivide conoscenze e gli strumenti necessari ad ottenerle. Insomma, una definizione che invece che essere elitaria (del tipo: noi siamo la classe dirigente), è inclusiva.
- Il prestigio del leader non si basa su carisma o doti eccezionali che sarebbero appannaggio esclusivo del leader, si basa sul saper cogliere dati di fatto. La posizione della Stella Polare è un dato di fatto, un dato oggettivo (chiunque può verificare dove sia la Stella Polare). Ovvero, le capacità del leader si rivelano non perché le persone si fanno affascinare dal sua carisma o dalla sua intelligenza, ma perché il leader aiuta ad acquisire dati di fatto che possono portare a soluzioni. In questa definizione sussiste il principio che la leadership sia comunque sottoposta a verifica e discussione: un leader che sbagli nell’indicare la Stella Polare, e fa sbagliare gli altri, non sarebbe un buon leader.
- Infine, in questa definizione è incluso il principio che il leader aiuti gli altri a diventare essi stessi leader: se uno apprende le competenze per trovare la Stella Polare, a sua volta potrà passare queste competenze ad altri e fare in modo che altri possano puntare verso la Stella Polare. In questa definizione c’è un principio democratico, secondo cui il leader fa in modo che altri maturino quelle qualità necessarie a guidare.
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