La musica indipendente: Una analogia politica

Io sono stato un adolescente negli anni ‘80: come altri adolescenti allora, diventai un vorace ascoltatore di “musica indipendente”, musica prodotta da gruppi affiliati a piccole case discografiche, indipendenti rispetto alle grosse case discografiche come EMI, Sony e altre.

La musica indipendente non era un genere musicale: in questa categoria rientravano gruppi che facevano musica molto diversa, dalla musica eterea dei Cocteau Twins alle sperimentazioni con il feedback dei Jesus & Mary Chain; dalla musica elettronica dei New Order al "rock" degli Smiths.

Tuttavia le band indipendenti condividevano un’etica: rimanere indipendenti era una scelta precisa di molte di queste band, una scelta dettata dalla volontà di avere maggior controllo e libertà sui vari aspetti della produzione musicale e artistica. Gli Smiths erano un caso emblematico: non solo questa band aveva il pieno controllo sulle musiche e i testi che scrivevano, ma la band decideva anche sulle copertine dei dischi e la loro immagine, creando nel complesso un prodotto artistico con un'estetica unica e immediatamente riconoscibile.



Mentre le band che firmavano per le grandi case discografiche potevano permettersi produzioni raffinate, grossa pubblicità, videoclip spettacolari, e così via, le band indipendenti non avevano le stesse risorse a disposizione. Tuttavia le band indipendenti credevano che mantenendo la propria autonomia nel processo di produzione musicale esse potessero, non di meno, creare dei prodotti musicali di qualità e, soprattutto, innovativi.

L’analogia politica dovrebbe essere evidente a questo punto. Piccole nazioni non hanno a disposizione le stesse risorse dei grandi stati sovranazionali (per es. la Gran Bretagna o la Spagna). Tuttavia, come sostiene efficacemente l’economista Adam Price, piccole nazioni possono compensare la mancanza di risorse con altre qualità che i grandi stati non hanno. Per restare nell’analogia musicale sottolinerei il fatto che piccole nazioni indipendenti hanno il vantaggio di una maggiore coesione al proprio interno e la capacità di innovare.

Analogamente, le band indipendenti erano più coese, non avendo le stesse pressioni provenienti dalle diverse figure che girano intorno alle band che incidevano per grosse etichette: una grossa band deve conciliare le pressioni di diversi manager, produttori, stilisti, e altre figure professionali; un altro conto è esere una band come gli Smiths e avere un gruppo di lavoro ristretto ma che condivide una visione artistica comune.

D’altra parte, la libertà delle band indipendenti permetteva loro di sperimentare e innovare. In questo senso, la storia della musica indipendente è una storia di successi: band come Jesus & Mary Chain, per esempio, avevano aperto la strada a sperimentazioni che poi saranno riprese e portate avanti da altri gruppi come i My Bloody Valentine (altra band indipendente), sperimentazioni che hanno poi influenzato il suono di molte band come gli Smashing Pumkins, Radiohead, o gli U2.

L’analogia è dunque qua. Piccole nazioni indipendenti sono più coese e per questo hanno meno problemi nell'essere governate, non dovendo mediare tra interessi di vari gruppi spesso in contrasto tra loro. Piccole nazioni indipendenti sono anche più aperte al cambiamento e all’innovazione. In periodi di crisi, come sostiene Adam Price, saranno magari le piccole nazioni indipendenti che avranno possibilità di navigare meglio nel mare grosso, e questo proprio in virtù della loro leggerezza, del loro essere “piccole” e indipendenti.

Mi è sempre piaciuta la musica indipendente, sarà per questo che penso ad una Sardegna indipendente come a una bel pezzo di musica nella collezione delle musiche del mondo.

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